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Pubblicato il

16 Giugno 2024

Autore

Daniele Ditta

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Acqua potabile anche dal fango: così gli invasi resistono alla siccità

Fino all’ultima goccia. Il processo di potabilizzazione va avanti anche in presenza di grosse quantità di fango sedimentato nelle dighe. La siccità, com’è noto, sta riducendo in modo esponenziale i volumi d’acqua invasati: nonostante ciò i potabilizzatori gestiti da Siciliacque – grazie ai continui investimenti sulle infrastrutture – sono in grado di rimuovere tutti gli inquinanti presenti nell’acqua grezza che proviene da dighe e fiumi e di disidratare al massimo il fango. Così persino l’acqua sporchissima, opaca – con una torbidità fino a 500 Ntu (l’unità di misura della trasparenza dell’acqua) – può diventare cristallina e quindi potabile.

Il completo recupero della frazione liquida presente nel fango ha evidenti benefici in termini di risparmio di risorsa idrica. Risparmio ancor più apprezzabile in questo periodo contraddistinto da una siccità senza precedenti. Ci sono pure altri benefici derivanti dal recupero dell’acqua dei fanghi. La riduzione del peso dei fanghi conferiti in discarica e/o in impianti di riutilizzo e, conseguentemente, dei relativi costi di smaltimento; la riduzione dell’impatto ambientale in seguito al minor peso di rifiuti conferito; altra acqua disponibile per il trattamento di potabilizzazione.

Il risparmio di risorsa idrica consente di allungare l’autonomia degli invasi. Nella diga Fanaco, ad esempio, al momento c’è un volume d’acqua invasata pari a 670 mila metri cubi (nello stesso periodo dello scorso anno era poco più 12,8 milioni). Nel quinquennio 2019-2023 la portata media annua trattata dal potabilizzatore Fanaco è stata di 483 litri al secondo (464 con riferimento al solo mese di giugno). Adesso – a causa della siccità – siamo a 180 litri al secondo, con un tempo residuo di funzionamento del potabilizzatore che complessivamente è stimato in 78 giorni.

Ogni goccia d’acqua, proveniente dalla diga Fanaco e dal fiume Platani, dunque è preziosa. Non a caso, in questo particolare frangente, l’impianto è spinto al massimo per recuperare quanta più acqua possibile dal fango e per resistere alla siccità. La frazione liquida separata dal fango, infatti, tornando in testa alla cosiddetta “linea acqua” del potabilizzatore, riavvia il ciclo di trattamento, che oggi può contare sulle tecnologie più performanti.

Il risultato è ben visibile anche a occhio nudo. Basta dare un’occhiata alle fotografie scattate prima e dopo il ciclo di trattamento dell’acqua per capire cosa entra e cosa esce da un potabilizzatore. Le peggiori caratteristiche possibili dell’acqua proveniente dalla diga Fanaco, che ne determinano comunque la possibilità di trattamento per diventare potabile, corrispondono a circa 500 milligrammi per ogni litro di acqua grezza, ovvero ad una percentuale di sostanza secca pari a circa lo 0,5 per mille. L’acqua buona, quella cioè con parametri entro i limiti di legge, viene destinata al consumo domestico; mentre il fango viene trattato fino a quando non è talmente disidratato da poter essere conferito in discarica o negli impianti di riutilizzo che lo trasformano in mattoni (laterizi usati in edilizia).