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Pubblicato il

19 Gennaio 2024

Autore

Daniele Ditta

Tempo di lettura

3 min

Il ciclo dell’acqua, ecco cosa resta dopo il processo di potabilizzazione

Il processo di potabilizzazione dell’acqua dà origine a un prodotto di scarto, il cosiddetto fango, che viene trattato fino a quando non è talmente disidratato da poter essere conferito in discarica o negli impianti di riutilizzo che lo trasformano in mattoni (laterizi usati in edilizia).

L’acqua grezza che entra in un impianto di potabilizzazione viene purificata, “liberandosi” della frazione solida, che prende un’altra strada. Gli scarti infatti vanno a finire in una linea separata da quella dell’acqua: la linea dei fanghi. È questa l’altra faccia di un impianto di potabilizzazione, quella in cui il fango viene lavorato a parte per recuperare ulteriore acqua da rendere potabile ed essiccare quel che resta. Gli impianti di potabilizzazione gestiti da Siciliacque sono a ciclo chiuso, consentono cioè il completo recupero della frazione liquida. Un processo che ha evidenti benefici in termini di sostenibilità ambientale e risparmio di risorsa idrica.

La linea dei fanghi

Ma cosa avviene precisamente nella linea dei fanghi? “La linea fanghi – spiega Francesco Iervolino, responsabile area gestione Impianti di Siciliacque – è l’insieme di tutte le fasi di processo volte a concentrare il fango in uscita dalla linea dell’acqua. I prodotti derivanti dai vari trattamenti sono il fango disidratato, ovvero il fango con il più alto tenore di secco, che alla fine del ciclo di trattamento viene riversato in cassoni, in attesa di essere conferito in impianto di riutilizzo e/o in discarica come rifiuto speciale non pericoloso; la frazione liquida separata dal fango, che torna in testa alla linea acqua, ricominciando il ciclo di trattamento“.

Le tecnologie usate

Quali sono le tecnologie usate per arrivare all’essiccazione? “Siciliacque – risponde Iervolino – oggi può contare sulle tecnologie più performanti, motivo per cui alcune apparecchiature sono state dismesse. Tutte comunque sono state presenti nei nostri impianti di potabilizzazione“. Ecco le più diffuse:

  • letti di essiccamento: sfruttano i raggi del sole per rimuovere dai fanghi la frazione acquosa in un processo naturale che richiede ampie superfici disponibili e condizioni climatiche particolarmente favorevoli;
  • centrifughe: l’azione della forza centrifuga, in virtù del differente peso specifico, separa la frazione acquosa dal fango, in un processo coadiuvato dall’aggiunta di reagenti chimici addensanti;
  • filtropresse: operano la separazione del fango dall’acqua mediante un processo di natura fisica che avviene ad alta pressione. Il fango viene pompato all’interno di camere formate da piastre e il liquido presente nel fango è costretto a filtrare attraverso una serie di tele che ricoprono le pareti delle piastre, separandosi quindi dalla frazione fangosa;
  • nastropresse: il fango viene immesso all’interno di due tele filtranti in continuo movimento grazie alla rotazione di appositi rulli. L’acqua viene espulsa attraverso le tele filtranti mediante l’applicazione da parte dei rulli di un’idonea pressione, mentre il fango prosegue il suo percorso lungo le tele per poi essere scaricato all’interno di un cassone, in un processo coadiuvato dall’aggiunta di reagenti chimici addensanti.

 

 

Investimenti e obiettivi

Siciliacque – dice il responsabile area gestione Impianti dell’azienda – negli ultimi anni ha investito 650 mila euro sulle linee fanghi dei propri potabilizzatori e altri 950 mila euro verranno investiti nel prossimo biennio. Questi fondi sono serviti a dotare i potabilizzatori di tecnologie in grado di ottenere un fango disidratato con la percentuale di acqua il più possibile ridotta; mantenere rendimenti particolarmente elevati anche al variare delle caratteristiche del fango in ingresso alle sezioni di disidratazione; garantire la continuità del servizio idrico anche in presenza di eventi meteorici estremi, ovvero qualora il livello di impurezza dell’acqua proveniente da invasi e fiumi sia particolarmente elevato e sia quindi necessario un trattamento di disidratazione particolarmente spinto per rimuovere le impurezze presenti nelle acqua da trattare“.

Dal fango ai mattoni

Il fango ottenuto dai processi di chiarificazione delle acque può essere riciclato per produrre laterizi, ovvero i mattoni utilizzati nell’edilizia. “Il fango derivante dalla potabilizzazione delle acque di diga o fiume – conclude Iervolino – ha una concentrazione di sostanza organica ed un tenore di nutrienti di origine azotata estremamente basso. Le sue caratteristiche lo rendono perciò incompatibile sia per la produzione di biogas sia per l’utilizzo come fertilizzante per l’agricoltura. Ad oggi l’unico riutilizzo di tale fango, alternativo al conferimento in discarica, è la produzione di laterizi. Il problema è però, unitamente agli elevati costi di trasporto, la distanza tra potabilizzatori e impianti di riutilizzo, che rende complesso il percorso per il riciclo“.