Parametri dell'acqua
Parametri
Si riporta di seguito, una descrizione sintetica del significato dei parametri qualitativi dell’acqua, più significativi, pubblicati nel presente sito:
Gli Acidi Aloacetici (HAAs) sono sottoprodotti della disinfezione, frutto della reazione tra il cloro e materiali organici. Al pari dei trialometani, gli acidi aloacetici sono stati classificati dalla IARC come probabili o possibili cancerogeni per l’uomo. Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 60 μg/L sulla somma di 4 composti (acidi mono, di e tri cloroacetico e acido monobromo acetico).
L’acrilammide (2,3-propenammide) è impiegata nella produzione di polimeri e copolimeri idrosolubili tra i quali flocculanti poliacrilammidici che trovano un limitato impiego nel trattamento chimico-fisico di potabilizzazione delle acque destinate al consumo umano. La presenza dell’acrilammide in acqua può anche essere ricondotta anche a fenomeni di cessione del monomero residuo della lavorazione industriale da parte del materiale polimerico a contatto.
L’acrilammide è stata inclusa dallo IARC nel Gruppo 2A in quanto considerata probabile cancerogeno” per l’uomo. Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in in 0,10 µg/L.
L’alluminio è un metallo distribuito uniformemente in natura ed è un costituente di tutti i suoli, le piante e i tessuti animali. Gli scarichi industriali, l’erosione e il dilavamento dei suoli, la deposizione del particolato atmosferico e le precipitazioni atmosferiche sono i principali percorsi attraverso i quali l’elemento entra nell’ambiente acquatico.
Nei processi di trattamento delle acque si ricorre spesso alla coagulazione mediante aggiunta di sali di alluminio al fine di rimuovere i materiali organici e minerali in sospensione. Gran parte dell’elemento introdotto durante la coagulazione viene successivamente rimosso come sale insolubile mediante sedimentazione e filtrazione. Il livello dell’alluminio delle acque sottoposte a questo trattamento è affetto dalle condizioni operative applicate. Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 200 µg/L.
Quando presenti, possono essere considerati sintomo di inquinamento a carico dell’acqua, essendo specie chimiche che si generano dalla decomposizione del materiale proteico che deriva dagli organismi viventi. L’ammoniaca può anche essere naturalmente presente in acque venute a contatto con residui di depositi marini profondi, anche se in minima parte, lo stesso dicasi per i nitrati ed i nitriti che possono essere presenti naturalmente nell’ambiente facendo parte del ciclo di decomposizione delle sostanze azotate; ma gli apporti più significativi di nitriti e nitrati nelle acque possono derivare principalmente da azioni antropiche quali uso di fertilizzanti, scarichi contenenti azoto di origine organica, allevamenti. L’ammonio è inserito nei parametri indicatori ed hanno limiti di legge nel D.Lgs. 18/2023 rispettivamente di 0,50 milligrammi/litro; i nitriti e i nitrati sono invece inseriti tra i parametri chimici con un valore massimo di 0,50 milligrammi/litro e 50 milligrammi/litro, inoltre il decreto impone che la somma delle due concentrazioni rapportata ai valori di legge non deve superare il valore di 1.
L’antimonio è un elemento presente naturalmente nelle acque in due forme di ossidazione: antimonio (III) e antimonio (V). Le forme solubili sono abbastanza mobili nelle acque, mentre le specie meno solubili sono assorbite su argille o particelle di suolo. In alcune aree geografiche localizzate la produzione e l’uso di composti a base di antimonio ne hanno incrementato significativamente la concentrazione sopra al livello di fondo. Nelle acque sorgive non contaminate la concentrazione dell’elemento è normalmente inferiore a 1 µg/L. Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 10 µg/L.
I prodotti fitosanitari, o antiparassitari, sono le sostanze attive o i preparati contenenti una o più sostanze attive utilizzate per la lotta contro i parassiti delle piante e nel controllo delle infestanti nella pratica agronomica. I residui di questi prodotti (le sostanze attive e i loro eventuali prodotti di degradazione) possono inquinare le acque superficiali e sotterranee in relazione alla loro solubilità, mobilità nel terreno e persistenza. Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano, per tali sostanze, è stato fissato in 0,10 µg/L per ogni singolo antiparassitario e di 0,50 µg/L per la somma di tutti gli antiparassitari rilevati e quantificati.
È un elemento ampiamente distribuito nella crosta terrestre; è presente nei corpi idrici a causa del naturale fenomeno di erosione e solubilizzazione delle rocce provocato dall’acqua piovana che percola nel terreno e raggiunge la falda, anche se può essere presente anche a causa di attività antropiche. Per l’uomo la principale via di esposizione è l’assunzione orale attraverso il cibo e le bevande.
Per i noti effetti dannosi sulla salute umana, esiste un limite molto restrittivo sulla sua presenza nelle acque destinate al consumo umano, infatti il D. Lgs 18/2023 lo inserisce fra i parametri chimici e stabilisce, per lo stesso, valori inferiori a 10 µg/l.
Poiché presenti nel materiale fecale di origine umana con una densità media di 109 organismi/g, sono stati considerati, per decenni, insieme agli streptococchi fecali, indicatori di contaminazione delle acque. Tuttavia, è ormai ampiamente riconosciuto negli ambienti scientifici che nel gruppo sono comprese specie ambientali, in grado di colonizzare acqua, suolo e vegetazione. L’ampia diffusione nell’ambiente dei microrganismi appartenenti al gruppo ne ha quindi ridimensionato il ruolo e il significato nelle acque e contrasta nettamente con i requisiti specifici richiesti ad un indicatore di contaminazione fecale.
In relazione al diverso significato attribuito al gruppo, i coliformi vengono quindi considerati indicatori di qualità e di efficienza di trattamento dell’acqua. Il superamento del loro valore di parametro è tollerato fermo restando quanto stabilito nell’art. 14 del decreto e può essere segnalato come “inosservanza” del valore parametrico. Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 0 Coliformi/100ml, ma con proprio parere l’Istituto Superiore di Sanità indica un valore soglia ammesso di 10 coliformi/100 ml e un diagramma di flusso che descrive le azioni da mettere in atto in caso di un suo superamento del limite di legge del valore soglia.
Il benzene fa parte dei composti organici volatili (VOC). Il benzene ha una particolare rilevanza dal punto di vista igienico-sanitario in quanto è un riconosciuto cancerogeno per la salute umana.Il benzene è utilizzato in campo industriale e nei prodotti petroliferi, in particolare, nelle benzine. La presenza del benzene nell’ecosistema acquatico è legata a perdite che si possono verificare durante le fasi di trasporto e stoccaggio dei prodotti derivati dal petrolio, oppure a scarichi industriali. A fronte di un valore guida fissato dall’ OMS in 10 μg/L, il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 1,0 μg/L.
Gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) sono presenti ovunque in atmosfera, derivano dalla combustione incompleta di materiale organico e dall'uso di olio combustibile, gas, carbone e legno nella produzione di energia. Il cibo e l’aria indoor rappresentano la principale fonte di esposizione; l’acqua potabile contribuisce solo in minima parte, probabilmente per non più dell’1% del totale.
La principale fonte di contaminazione da IPA in acqua potabile non deriva dall’ acqua grezza, ma dal rivestimento dei tubi di distribuzione dell'acqua potabile. Questo, tuttavia, si riferisce soprattutto al passato, quando il catrame di carbone era un materiale di rivestimento comune per le tubazioni, contro la corrosione. Lo IARC ha classificato il BaP* nel gruppo 2A (probabile cancerogeno per l’uomo).
A fronte di un valore guida fissato dall’ OMS per il benzo(a)pirene di 0,7 μg/L . Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 0,010 μg/L. La normativa inoltre fissa un limite per gli IPA (espressi come somma di 4 composti: BbFA, BkFA, BghiP e IP*) in 0,10 µg/L.
* BaP Benzo(a)pirene; BbFA: Benzo[b]fluorantene, BkFA: Benzo[k]fluorantene, IP: Indeno[1,2,3-cd]pirene, BghiP: Benzo[ghi]perilene
E' una sostanza chimica usata per produrre plastiche e resine. Il Bisfenolo (A) è da anni classificato come interferente endocrino in grado di alterare l’equilibrio ormonale e il metabolismo dell’organismo. L’esposizione a questa sostanza chimica di sintesi è stata correlata in alcuni studi con la comparsa di malattie o disturbi quali infertilità, obesità diabete e cancro. Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 2,5 μg/L.
La presenza del boro nelle acque superficiali e sotterranee è dovuta a fattori antropici e/o naturali. Composti del boro sono utilizzati in alcuni processi industriali e nella maggior parte dei formulati impiegati nella detergenza. Suoli e sottosuoli contenenti minerali del boro possono cedere l’elemento alle acque con cui vengono in contatto. I minerali più diffusi e di maggiore interesse estrattivo sono il borace e la colemanite.
Raramente, a parte il caso di acque minerali e/o termali, si riscontrano concentrazioni di boro superiori a 1 mg/L. L’acqua di mare contiene approssimativamente 5 mg/L di boro. Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 1,5 mg/L.
Il calcio è il quinto elemento per abbondanza nella crosta terrestre. E’ il minerale più diffuso nell’organismo umano ed è un elemento indispensabile alla vita in quanto componente fondamentale per la crescita delle ossa ed alla formazione dei denti. La presenza di calcio nell’acqua è dovuta al scioglimento dei minerali. Il calcio è l’elemento principale che determina la durezza totale dell’acqua. Non è previsto limite di legge nel D.Lgs. 18/2023.
Il cadmio è distribuito uniformemente lungo la crosta terrestre a livelli di tracce. È presente in piccole quantità in quasi tutti i minerali di zinco, dai quali viene normalmente estratto come sottoprodotto.
Nelle acque superficiali non inquinate la concentrazione di cadmio difficilmente supera 1 µg/L. Valori più elevati sono attribuibili alla presenza di scarichi industriali o al percolato da terreni additivati con fanghi prodotti dai depuratori.
Il livello di cadmio nelle acque destinate al consumo umano è normalmente molto basso, grazie anche all’efficienza dei trattamenti effettuati negli impianti di potabilizzazione. Concentrazioni più elevate sono state riscontrate nelle acque prelevate all’utenza per effetto del contatto con materiali contenenti tale elemento (guarnizioni idrauliche, saldature a base di argento, tubature in ferro galvanizzato). Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 5,0 μg/L.
I cianuri si possono trovare occasionalmente nell’acqua potabile, generalmente solo a concentrazioni molto basse. Alte concentrazioni possono essere solamente associate a contaminazioni da sversamenti industriali in acque superficiali destinate alla potabilizzazione.
Poiché è improbabile che il cianuro si possa ritrovare nell’ acqua potabile a concentrazioni di allarme per la salute, la OMS ha ritenuto non necessario fissare un valore guida per il cianuro. Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 50 μg/L.
Il clorato è un sottoprodotto della disinfezione, in quanto la sua presenza nelle acque potabili deriva dall’uso di agenti disinfettanti di tipo chimico. Il meccanismo di formazione è riconducibile all’uso di Ipoclorito di sodio, di Biossido di cloro e di Ozono. A differenza del clorito, presente sostanzialmente solo durante l’utilizzo del biossido di cloro, il clorato è anche un prodotto di degradazione dell'Ipoclorito. Tale degradazione avviene in tempi relativamente rapidi pertanto l’utilizzo di soluzioni commerciali di Ipoclorito di Sodio è raccomandato entro tre mesi dalla consegna all'impianto di potabilizzazione, a temperature inferiori ai 30°C ed in assenza di esposizione ai raggi solari.
Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato 0,25 mg/L, ad eccezione dei casi in cui, per il processo di disinfezione/ossidazione non venga utilizzato biossido di cloro. In tale circostanza il limite è fissato in 0,7 mg/L.
Il clorito, insieme a clorato e a ioni cloruro, è un sottoprodotto della disinfezione dell’acqua con biossido di cloro. Il clorito è la specie predominante e la reazione è favorita dal pH alcalino. Il clorito di sodio si usa per la produzione di biossido di cloro e come agente sbiancante in vari processi industriali.
L’acqua destinata al consumo umano rappresenta la principale fonte di esposizione per l’uomo. Lo IARC ha stabilito che il clorito non è classificabile come cancerogeno per l’uomo. Il principale e più rilevante effetto derivante dall’esposizione al clorito è lo stress ossidativo, che comporta diverse alterazioni dei globuli rossi.
Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 0,25 mg/L, ad eccezione dei casi in cui, per il processo di disinfezione/ossidazione non venga utilizzato biossido di cloro. In tale circostanza il limite è fissato in 0,7 mg/L.
La maggior parte dei clostridi vivono negli strati superficiali del suolo e nei sedimenti, alcune specie vivono nell’intestino di alcuni animali, compreso l’uomo e alcune sono patogene.Nei reflui le concentrazioni del microrganismo possono raggiungere valori intorno a 105 UFC/100 mL e la riduzione delle sue concentrazioni, durante i trattamenti di depurazione delle acque, può raggiungere il 95-98%. Nelle acque destinate al consumo umano la presenza di Clostridium perfringens è raramente segnalata. I suoi livelli di concentrazione sono comunque ampiamente eterogenei, variando da <1 UFC/100 mL in acque non contaminate, a valori superiori a 3000 UFC/100 mL in acque contaminate da effluenti fognari.
Nelle acque destinate al consumo umano il parametro può fornire informazioni sia circa la qualità organolettica e microbiologica delle acque, sia circa l’efficienza del trattamento subìto dalle acque.Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 0 organismi/100 mL, la stessa normativa stabilisce che il parametro va ricercato solo se indicato come appropriato nella valutazione dei rischi (quando le acque derivino o siano influenzate da acque superficiali).
Il colore di un’acqua generalmente dipende da sostanze organiche, quali acidi umici e fulvici (ai quali può essere attribuita una colorazione giallo-bruna) o dai sali di alcuni metalli come ferro, manganese e rame.
Osservando la luce trasmessa attraverso uno spessore di alcuni metri, il colore dell’acqua risulta naturalmente variabile nella tonalità del blu. La presenza di sostanze estranee colorate determina una variazione del colore tra infinite tonalità. Deve essere distinto il colore apparente, dovuto alle sostanze disciolte e in sospensione nell’acqua, da quello vero, dovuto solo alle sostanze disciolte.
Per tale parametro la normativa italiana prevede che lo stesso sia “accettabile per i consumatori e senza variazioni anomale”.
La conducibilità indica in maniera diretta il grado di mineralizzazione (Sali disciolti) delle acque. Se il valore è alto si tratta di un’acqua ricca di sali, se è basso si tratta di un’acqua povera di sali. La maggior parte delle acque ha una conducibilità compresa da 100 a 1000 µS/cm (microSiemens/cm). La conducibilità dipende dalla temperatura, perciò occorre riportare i valori alla temperatura di riferimento (20°C). Il limite di legge previsto dal D.Lgs. 18/2023 è di 2500 µS/cm. È un parametro inserito tra gli indicatori.
Indica il grado di acidità dell’acqua: un’acqua è neutra se ha pH uguale a 7, è basica se ha pH maggiore di 7, è acida se ha pH minore di 7. Il pH delle acque naturali è un elemento di giudizio molto importante, valori molto più bassi o più alti dell'intervallo consentito indicano un inquinamento rispettivamente da acidi o da basi forti; in ogni caso una variazione del parametro evidenzia un eventuale stato di alterazione dell'acqua esaminata. Il limite di legge previsto dal D.Lgs. 18/2023 è un valore compreso tra 6,5 e 9,5. È un parametro inserito tra gli indicatori.
Il Conteggio delle colonie è un parametro che permette di rilevare un gruppo eterogeneo di microrganismi aerobi che hanno differenti capacità metaboliche e richieste nutrizionali. L’uso di temperature diverse permette di mettere in evidenza microrganismi che vivono di preferenza in ambienti umidi (a 36°C) e microrganismo che vivono anche a temperature basse (a 22 °C). Molti di essi possono appartenere alla microflora ambientale autoctona delle acque.L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto che gran parte degli studi epidemiologici più recenti, volti alla verifica del rischio associato alla presenza di questi microrganismi nelle acque, ha confermato che non esistono evidenze che dimostrino che, in assenza di contaminazione fecale, i risultati ottenuti dalla determinazione siano correlati con i rischi per la salute nella popolazione sana. Il parametro non ha rilevanza sanitaria. Il parametro va considerato indicatore di qualità e di efficienza di trattamento.
La normativa stabilisce che i valori del conteggio delle colonie a 22 °C (espresso in UFC/ml) nelle acque debbano presentarsi “senza variazioni anomale”, accettando quindi la possibilità che ogni tipo di acqua abbia comunque intrinseche caratteristiche di qualità e una flora microbica naturale. Tuttavia, il superamento delle concentrazioni “storicamente” rilevate nell’acqua in distribuzione può segnalare la potenziale esistenza di condizioni di ricrescita batterica in rete e modifiche della qualità dell’acqua.
Il cromo è presente in piccole quantità sia in numerose rocce che in molti terreni. Il minerale che lo contiene e più diffuso è la cromite.
Il cromo è presente negli alimenti e nell’acqua potabile sia come conseguenza di processi naturali, che di attività umane. La presenza di livelli apprezzabili di cromo nelle acque potabili distribuite può essere principalmente ricondotta a contaminazione naturale o ad inquinamento da fonti industriali della risorsa, nonché per mancanza di un sistema di trattamento dell’acqua captata.
In generale il livello di cromo rilevato nelle acque superficiali non supera 10 µg/L (raramente raggiunge 25 µg/L) soprattutto a causa della bassa solubilità. Sono stati, comunque, segnalati casi di contaminazione determinati principalmente dallo sversamento di effluenti industriali in acque superficiali.Nelle acque naturali il cromo può esistere allo stato libero, complessato o adsorbito su materiale particellare in sospensione. In relazione alla caratteristiche delle rocce che costituiscono gli acquiferi il cromo può raggiungere anche concentrazioni di alcune decine di µg/L.
Il limite normativo in Italia nelle acque destinate al consumo umano è stato fissato in 25 g/L (fino a gennaio 2026 è ammesso un valore di 50 μg/L).
La durezza indica la presenza di sali di calcio e di magnesio nell’acqua, tra questi il più abbondante è il carbonato di calcio. Si esprime in gradi francesi °F: un grado equivale a 10 mg/l di carbonato di calcio. Una scala possibile per la classificazione della durezza della acqua è: Acque leggere o dolci: durezza inferiore a 15°F Acque mediamente dure: durezza compresa tra 15 e 30°F Acque dure: durezza superiore a 30°F Un’ elevata durezza dell’acqua provoca incrostazioni di calcare nelle tubazioni, danni a elettrodomestici e sanitari e richiede, nel lavaggio della biancheria, un elevato consumo di detersivi. Al contrario un’acqua molto dolce (< 10°F), può diventare corrosiva per le tubazioni metalliche e, in quanto povera di calcio, può non soddisfare il livello di apporto giornaliero consigliato per la dieta. Non esiste un limite di legge previsto dal D.Lgs. 18/2023 per le acque destinate al consumo umano. Valori maggiori a 15°F vengono, invece, imposti per acque sottoposte a processi di addolcimento o dissalazione (ad esempio per l’utilizzo di addolcitori domestici) al fine di garantire che il calcio presente nell’acqua, importante per la salute, si mantenga ad un livello minimo.
Gli Enterococchi intestinali sono un sottogruppo di un più ampio gruppo di organismi definiti come Streptococchi fecali, che comprendono specie del genere Streptococcus.
Il gruppo degli Enterococchi intestinali può essere usato come indicatore di inquinamento fecale. La maggior parte delle specie non si moltiplica negli ambienti acquatici. Il numero degli Enterococchi intestinali nelle feci umane è generalmente di un ordine di grandezza inferiore rispetto a quello di E. coli;
Gli Enterococchi intestinali vengono pertanto usati per valutare nelle acque grezze la possibile presenza di patogeni fecali che sopravvivono più a lungo di E. coli.
Nell’acqua potabile la presenza degli Enterococchi intestinali viene utilizzata come indicatore aggiuntivo dell’efficacia del trattamento. Inoltre, essendo resistenti all’essiccamento, vengono anche usati per valutare la qualità dell’acqua a seguito di riparazioni o sostituzioni delle condutture. Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 0 Coliformi/100ml.
Epicloridrina è il nome comune del clorometilossirano, Il composto è molto reattivo e viene utilizzato per produrre glicerolo, materie plastiche, collanti e resine epossidiche, elastomeri. Può contaminare gli approvvigionamenti di acqua potabile quando si usano agenti flocculanti che contengono epicloridrina o attraverso le tubature rivestite di resine epossidiche.
La OMS ha stabilito un valore guida provvisorio di 0,4 μg/L. Il valore è considerato provvisorio a causa delle incertezze riguardo la tossicità e la scelta di un idoneo fattore di incertezza per il calcolo del valore guida. Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 0,10 μg/L (il valore di parametro si riferisce alla concentrazione monomerica residua nell’acqua calcolata secondo le specifiche di rilascio massimo del polimero corrispondente a contatto con l’acqua e nei casi in cui detto polimero è utilizzato nei materiali a contatto con l’acqua).
Escherichia coli è il microrganismo che, tra tutti i coliformi, meglio si presta ad essere utilizzato come indicatore specifico d’inquinamento fecale, in quanto presente in grande quantità nelle feci di uomini e animali a sangue caldo e incapace di moltiplicarsi negli ambienti acquatici. E. coli è il primo parametro da valutare nei programmi di monitoraggio dell’acqua. I coliformi sono anche utilizzati come indicatori dell’efficacia della disinfezione. Infatti la presenza di E. coli (o dei coliformi fecali in generale) indica un recente inquinamento fecale, dovuto probabilmente ad una inadeguata disinfezione o ad una mancanza di integrità del sistema idrico.
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano prevede l’assenza di E.coli in un volume di 100ml d’acqua in relazione al suo ruolo di indicatore primario di contaminazione fecale.
Il ferro si colloca al quarto posto nella scala degli elementi ponderalmente più abbondanti che compongono la crosta terrestre.
La presenza del ferro nelle acque naturali è stata attribuita a numerose fonti di origine naturale e antropica (dissoluzione di rocce e minerali, drenaggio delle miniere, percolato da terrapieni, acque di scarico, industrie dedite alla lavorazione del ferro). In genere la sua concentrazione non supera gli 0,3 mg/L, ma può essere più elevata nell’acqua trattata e distribuita, come conseguenza del suo impiego come coagulante o a seguito del suo rilascio dalle tubature dei sistemi di distribuzione per corrosione. Molti alimenti sono ricchi di ferro, soprattutto il fegato, il pesce, i vegetali verdi, la carne rossa e le uova. Sono proprio gli alimenti la principale fonte di assunzione del ferro per l’uomo; l’acqua potabile contribuisce solo parzialmente. La rete idrica si compone, in gran parte, di tubature di acciaio che vengono lentamente corrose al passaggio di acque aggressive.
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 200 μg/L.
Sono l’espressione del contenuto di fluoro. Lo ione fluoruro si può trovare in natura come costituente di rocce e terreni in combinazione con altri elementi, ma può derivare anche da attività antropiche. E un elemento essenziale per l’uomo, in particolare per il corretto sviluppo delle ossa e dei denti, ma dosi eccessive possono avere effetti negativi sugli stessi. È inserito fra i parametri chimici ed Il limite di legge previsto dal D.Lgs. 18/2023 di 1,50 mg/l.
Il magnesio si trova per natura nei minerali quali la magnesite e la dolomite, oltre che nell’acqua marina, nel mondo vegetale e in quello animale, di cui costituisce uno dei componenti essenziali. Il magnesio si trova in quasi tutti gli alimenti ed anche l’acqua contribuisce al fabbisogno giornaliero in quanto il magnesio in forma solubile è facilmente biodisponibile; Come il calcio, esso contribuisce alla durezza dell’acqua. Non è previsto limite di legge nel D.Lgs. 18/2023.
E’ uno dei metalli più abbondanti nella crosta terrestre, e costituisce un elemento essenziale per la vita degli uomini. Nelle acque sotterranee e in quelle superficiali la concentrazione di manganese disciolto può essere elevata. Un’acqua con queste caratteristiche non presenta, in generale, rischi sanitari, tuttavia valori significativi alterano le sue caratteristiche organolettiche, variandone il colore. È inserito fra i parametri indicatori ed Il limite di legge previsto dal D.Lgs. 18/2023 di 50 µg/l.
Il naturale degassamento della crosta terrestre costituisce la maggior fonte di mercurio nell’ambiente. Altri significativi apporti derivano da numerose attività industriali non direttamente legate alla produzione o all’impiego dell’elemento, quali la combustione di combustibili fossili, l’estrazione di molti elementi, la manifattura del cemento e il trattamento dei rifiuti. Il mercurio è utilizzato negli impianti cloro/soda per la produzione di cloro, idrossido di sodio e ipoclorito, nelle vernici, in alcuni dispositivi elettrici, nelle batterie, nei sistemi di controllo e misura (termometri, apparecchiature sanitarie) negli studi dentistici e in agricoltura. Il cloruro e l’idrossido mercurico rappresentano le specie predominanti in numerose acque superficiali. La loro concentrazione totale non supera, di norma, 1 µg/L. In assenza di sorgenti di contaminazione il livello di mercurio nelle acque dolci è spesso inferiore a 0,2 µg/L.
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 1,0 μg/L.
La Microcistina-LR è una molecola che appartiene alla categoria delle epatotossine; è tra le tossine più frequenti e più tossiche prodotte dai cianobatteri. I cianobatteri (noti anche che cianoficee o alghe azzurre) sono phylum di batteri fotosintetici presenti nelle acque superficiali dalle quali attingono molti impianti di approvvigionamento idrico. Grazie alle loro ampie capacità metaboliche di adattamento, i cianobatteri sono presenti praticamente in tutte le acque terrestri. Alcune specie di questi batteri producono metaboliti secondari tossici per l'uomo, definiti cianotossine. Tali metaboliti possono essere di diversa natura e possono avere diversi organi bersaglio quali il cervello (Neurotossine) o il fegato (Epatotossine). Le Microcistine sono dei peptidi ciclici tossici per il fegato. Per la Microcistina-LR il valore guida già presente da diversi anni secondo le indicazioni dell'OMS è di 1 μg/L. Con l'emanazione del nuovo decreto tale valore è diventato limite di Legge.
Il nichel è un elemento ubiquitario, presente in un gran numero di minerali. È comunemente utilizzato in alcune leghe, nel trattamento superficiale di altri elementi, nella catalisi di reazioni chimiche, nelle batterie e in alcuni fungicidi. La solubilità in acqua di numerosi sali dell’elemento e l’intensa attività di lavorazione dei suoi minerali hanno contribuito al progressivo incremento dei livelli di contaminazione ambientale.
Le concentrazioni di nichel nell’acqua potabile sono in genere basse, livelli più elevati (fino a centinaia di μg/L) si possono trovare in acque inquinate da fonti naturali o industriali, oppure a seguito del rilascio dai rubinetti e dalle strutture cromate. La prima acqua che scorre attraverso il rubinetto dopo che è stata ferma tutta la notte può contenere anche livelli superiori a 1.000 μg/L. L’acqua fornisce in genere un contributo poco significativo; tuttavia, quando c’è un pesante inquinamento o l’acqua rimane in contatto a lungo con materiale cromato, il contributo dell’acqua può essere significativo. Il nichel viene in parte rimosso dai sistemi convenzionali impiegati nel trattamento delle acque, cosicché la sua concentrazione in uscita agli impianti (di norma compresa tra 2 e 5 µg/L) è generalmente inferiore a quella riscontrata nelle acque grezze.
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 20 μg/L.
Il senso dell’olfatto è caratterizzato da una notevole complessità come si può intuire studiando la capacità umana nel percepire distintamente numerosissimi odori tra loro differenti. In molti casi la sensazione dell’odore non è facilmente ben differenziabile da quella del sapore essendo entrambi complementari. Il “gusto” di un’acqua è determinato dall’associazione dell’odore e del sapore. Alterazioni dell’odore o del sapore di un’acqua possono avere origine naturale o antropica. Nel primo caso sono dovute alla presenza nelle acque di microrganismi (principalmente alghe e attinomiceti) o di prodotti della loro decomposizione, all’attività biologica stimolata o prodotta da alcune sostanze o organismi (ferro e solfobatteri), alla solubilizzazione di composti organici e di altre sostanze chimiche presenti nel terreno. Nel secondo caso l’odore o il sapore dell’acqua possono subire variazioni in seguito alla contaminazione prodotta da effluenti urbani o industriali, da composti secondari generati durante alcuni processi di trattamento (coagulazione, ossidazione, disinfezione), da sostanze rilasciate da tubazioni e serbatoi o dal materiale di rivestimento delle
canalizzazioni, da condizioni particolari (ristagni, sifonamenti) che si possono verificare nei sistemi di distribuzione.
In generale, l’odore e il sapore dell’acqua non rappresentano un pericolo per il consumatore. Tuttavia, la presenza di odori o sapori particolari può essere indicativa di una qualche forma di contaminazione o di qualche malfunzionamento del sistema che potrebbe comportare l’immissione nella rete di distribuzione di acqua non sicura dal punto di vista della qualità.Per tali parametri la normativa italiana prevede che gli stessi siano “accettabile per i consumatori e senza variazioni anomale”.
Il piombo è il più comune degli elementi pesanti, pari a 13 mg/kg di crosta terrestre. Il piombo è utilizzato nella produzione di batterie, è presente nelle saldature, nelle leghe, nelle guaine per cavi, nei coloranti, negli inibitori della ruggine, nelle munizioni, negli smalti e negli stabilizzatori della plastica. Dal punto di vista dell’acqua potabile, è importante considerare l'uso quasi universale dei composti del piombo in rubinetteria e nelle saldature nei sistemi di distribuzione idrici. Tubi di piombo sono presenti a tutt’oggi solo negli impianti di distribuzione più vecchi.
Nelle acque superficiali (fiumi e laghi) non contaminate la sua concentrazione media oscilla nell’intervallo compreso tra 1 e 10µg/L. I trattamenti di potabilizzazione normalmente riducono il tenore riscontrato nell’acqua all’ingresso dell’impianto. Livelli dell’elemento particolarmente elevati sono stati segnalati in acque di rubinetto condottate mediante tubazioni in piombo o stoccate in serbatoi rivestiti con lo stesso materiale. In questi casi la concentrazione istantanea dipende, tra l’altro dall’aggressività dell’acqua e dal tempo di contatto con la fonte di contaminazione.
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 20 μg/L.
Costituisce circa il 2,4% del peso della crosta terrestre, dove è il settimo per abbondanza. La presenza di potassio nell’acqua è dovuta al discioglimento di tali minerali, nonché alla decomposizione delle piante ed al dilavamento di terreni agricoli dove viene utilizzato per l’attività agronomica. È un elemento indispensabile per l’organismo umano ed il fabbisogno giornaliero può essere garantito da alimenti e bevande in una forma facilmente assimilabile. Non è previsto limite di legge per il D.Lgs. 18/2023.
Il rame è un elemento ubiquitario che si ritrova frequentemente nelle acque superficiali. Nell’acqua potabile la concentrazione del rame varia ampiamente, in dipendenza dalle sue proprietà di durezza, pH, concentrazione di anioni, concentrazione di ossigeno, temperatura e dalle condizioni tecniche del sistema di distribuzione: la fonte principale di contaminazione è, infatti, spesso la corrosione delle tubature rivestite di rame, soprattutto in sistemi in cui l’acqua ha un pH acido o alti livelli di carbonato. I processi di trattamento delle acque consentono la rimozione di tracce dell’elemento dal mezzo acquoso. La sua concentrazione all’utenza può essere superiore a quella riscontrata prima dell’immissione dell’acqua nella rete di distribuzione proprio a causa di fenomeni di cessione che si possono instaurare lungo alcuni tratti della condotta idrica. Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 2,0 mg/L.
Il Sodio compone circa il 2,6% della crosta terrestre e per tanto rappresenta il quarto elemento più abbondante e il primo tra i metalli alcalini. Esso è presente, in quantità più o meno rilevanti, in tutte le acque naturali. Rispetto al fabbisogno giornaliero di sodio, l’apporto normalmente dovuto all’assunzione di acqua è irrilevante, infatti il limite di legge previsto dal D.Lgs. 18/2023 di 200 mg/l ha un significato organolettico più che sanitario. Il Sodio è inserito tra i parametri indicatori.
I solfati sono sali dell’acido solforico, largamente diffusi in natura. La presenza dei solfati nelle acque deriva da numerosi minerali. In quantità superiori limite di legge possono creare alterazioni organolettiche dell’acqua. Inoltre un eccesso di concentrazione può aumentarne le caratteristiche corrosive rispetto ai sistemi di distribuzione. È inserito fra i parametri indicatori ed Il limite di legge previsto dal D.Lgs. 18/2023 di 250 mg/l.
Il tetracloroetilene è usato principalmente come solvente nelle lavanderie a secco e per lo sgrassaggio dei metalli, nell'industria chimica e farmaceutica, nell'uso domestico. Il tricloroetilene noto anche col nome
commerciale di trielina, è un ottimo solvente per molti composti organici. Al picco della sua produzione, negli anni venti, il suo impiego principale era l'estrazione di oli vegetali da piante quali la soia, il cocco e la palma. Tra gli altri usi nell'industria alimentare si annoveravano la decaffeinazione del caffè e l'estrazione di essenze. Ha trovato uso anche come solvente per il lavaggio a secco, fino a quando non è stato soppiantato negli anni cinquanta dal tetracloroetilene.
Il tetracloroetilene è ampiamente distribuito nell’ambiente ed è presente in tracce nell’acqua, negli organismi acquatici, nell’aria, negli alimenti e nei tessuti umani. I più alti livelli ambientali sono ritrovati nelle lavanderie a secco e nelle industrie di sgrassaggio dei metalli. Tali emissioni possono portare ad alte concentrazioni nelle acque profonde. Nelle acque profonde anaerobiche il tetracloroetilene può degradare a composti più tossici, quale il vinilcloruro. Il tricloroetilene può trovarsi come contaminante nelle acque profonde e a volte nelle superficiali a causa degli scarichi industriali.
Lo IARC ha classificato il tetracloroetilene ed Il tricloroetilene nel gruppo 2A (probabile cancerogeno per l’uomo).
La OMS ha stabilito un valore guida di 40 µg/L, per il tetracloroetilene ed un valore guida provvisorio di 20 µg/L per il tricloroetilene.
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 10 µg/L, espresso come somma delle concentrazioni dei due composti.
Il Trialometano è un composto nel quale tre atomi di idrogeno della molecola di metano sono sostituiti con atomi di uno o più alogeni. Questa famiglia di composti sono un così detto sottoprodotto indesiderato della disinfezione dell’acqua, infatti nelle acque potabili destinate al consumo umano, i trialometani si formano in particolar modo quando si utilizza il metodo di disinfezione della clorazione. Il cloro, infatti, è ancora oggi la soluzione più diffusa per trattare l’acqua, e tale reazione avviene quando entra a contatto con la materia organica naturalmente presente nelle acque; il maggior sottoprodotto di questo processo è il cloroformio (triclorometano), mentre con presenza di bromuri si avrà una minore concentrazione di CHCl3 e una maggiore quantità di bromo-trialometani.
L’ IARC ha classificato il cloroformio, il più comune dei trialometani, e il bromodiclorometano nel Gruppo 2B (possibile cancerogeno per l’uomo), mentre Il bromoformio e il dibromoclorometano sono stati inseriti invece nel Gruppo 3 (non classificabile come cancerogeno per l’uomo).
La OMS ha stabilito i seguenti valori guida: cloroformio 300 µg/L, bromoformio 100 µg/L, dibromoclorometano 100 µg/L, bromodiclorometano 60 µg/L.
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 10 µg/L, espresso come somma delle concentrazioni di 4 composti specifici (cloroformio, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometano).
Per carbonio organico totale (TOC = Total Organic Carbon) si intende tutto il carbonio presente sotto forma di materia organica, disciolto e/o in sospensione nell’acqua. La misura del TOC può essere usata per monitorare l’efficacia dei processi impiegati per il trattamento o la rimozione dei contaminanti organici, indipendentemente dal loro stato di ossidazione; e valida a basse concentrazioni. La concentrazione del carbonio organico presente nelle acque superficiali è generalmente inferiore a 10 mg/L, ad eccezione delle zone in cui è più elevata per la presenza di scarichi civili o industriali. Alti livelli si possono trovare nelle acque molto colorate.
Nelle acque superficiali e nelle acque destinate al consumo umano o all’uso domestico la concentrazione di TOC dovrebbe essere dell’ordine di 0,1-10 mg/L. Variazioni del livello di TOC di un’acqua potrebbero essere indicazione di una possibile contaminazione o comunque di possibili modifiche alle caratteristiche dell’acqua.
Per tale parametro la normativa italiana non prevede un limite di legge ma che lo stesso si mantenga “senza
variazioni anomale”.
La torbidità è la riduzione della trasparenza di un liquido per la presenza di sostanze insolubili in sospensione. Nell’acqua è causata dalla presenza di materiali indisciolti quali plancton, composti organici, sostanze minerali e altro. È però difficile correlare la torbidità al contenuto di solidi in sospensione nell’acqua, perché la prima è anche funzione della dimensione delle particelle e del loro indice di rifrazione. Oltre ad avere rilevanza ai fini delle caratteristiche organolettiche, la torbidità può alterare la qualità batteriologica di un’acqua sia direttamente, in seguito all’adsorbimento dei microrganismi sulla superficie dei solidi in sospensione, sia indirettamente influenzando i processi di disinfezione (aumento della richiesta di disinfettante, diminuzione dell’effetto dei raggi UV, ecc.). È comunque dimostrato che sino a 5 NTU (nephelometric turbidity units) non si ha un peggioramento della disinfezione, se tale operazione è condotta correttamente (concentrazione di disinfettante e tempo di contatto sufficienti).
Per tale parametro la normativa italiana non prevede un limite di legge ma che la stessa sia “accettabile per i consumatori e senza variazioni anomale”.
L'uranio è un metallo pesante che si trova naturalmente nel suolo, nelle rocce e nelle acque. La sua presenza nelle acque destinate al consumo umano può essere attribuita a vari processi geologici e idrogeologici, soprattutto quelli che coinvolgono il mantello terrestre. L’uranio è presente in tracce nell' ambiente. Oltre ai processi naturali, l'attività umana, come l'industria mineraria, la lavorazione di minerali contenenti uranio e l'uso di fertilizzanti che contengono uranio, può contribuire all'incremento della presenza di uranio nelle acque sotterranee.
Gli effetti sull’uomo sono ancora in fase di studio: I rischi derivati dalla tossicità biochimica dell'Uranio metallico, sono considerati maggiori rispetto alla tossicità derivante dalla radioattività; se ingerito in grandi quantità può colpire organi bersaglio quali i reni.
Il limite normativo recentemente introdotto per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 30 μg/L.
Pur essendo uno degli elementi più abbondanti della crosta terrestre, il vanadio non esiste in natura allo stato libero. Viene comunemente estratto assieme all’uranio, al titanio, all’alluminio o al piombo. Il vanadio si trova naturalmente nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Fonti naturali di vanadio atmosferico includono la polvere continentale, l’aerosol marino, e le emissioni vulcaniche. Il rilascio del vanadio nell’ambiente è associato principalmente alle fonti industriali, in particolare le raffinerie di petrolio e le centrali elettriche che utilizzano olio combustibile e carbone ricchi di vanadio. Il vanadio si trova naturalmente nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Fonti naturali di vanadio atmosferico includono la polvere continentale, l’aerosol marino, e le emissioni vulcaniche. Il cibo è una delle maggiori fonte d'esposizione per la popolazione in generale. L’acqua destinata al consumo umano contribuisce in misura minore, anche se elevate concentrazioni di vanadio sono riscontrate nelle acque profonde in alcune zone vulcaniche, come conseguenza del dilavamento delle rocce ricche in vanadio
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 140 μg/L.
Il cloruro di vinile è usato principalmente per la produzione del polivinilcloruro (PVC). l PVC viene sempre più utilizzato in alcuni paesi per le tubazioni negli acquedotti. Pertanto la migrazione di cloruro di vinile dalle tubazioni in PVC è una possibile fonte della presenza nell’acqua potabile. Il cloruro di vinile è stato segnalato anche nelle acque sotterranee come un prodotto di degradazione del solventi clorurati tricloroetilene e tetracloroetilene; si trova raramente nelle acque superficiali, a causa della sua elevata volatilità, ad eccezione delle zone altamente contaminate. È possibile trovare tracce di cloruro di vinile nei cibi per rilascio da parte del materiale in PVC usato per la confezione.
Lo IARC ha classificato il cloruro di vinile nel gruppo 1 (cancerogeno per l’uomo).
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 50 μg/L.
È un alogenuro alchilico, il cui principale utilizzo è come intermedio nella sintesi del cloruro di vinile, a sua volta precursore del PVC; è usato anche come solvente, nella sintesi di altri solventi a base di cloro e per rimuovere il piombo nelle benzine.
Viene ritrovato nelle acque da destinare al consumo umano, se contaminate dagli scarichi industriali. Può ritrovarsi anche nelle acque sotterranee, dove persiste per lungo tempo.
Lo IARC ha classificato il ’1,2-dicloroetano nel gruppo 2B (possibile cancerogeno per l’uomo).
Il limite normativo per le acque destinate al consumo umano è stato fissato in 3,0 mg/L.
Fonti:
www.salute.gov.it
Sabrina Sollini, Carlo Collivignarelli – Nuovi inquinanti nelle acque ad uso umano – Tecnologie di riduzione ed esperienze gestionali.